La tradizione culinaria veneta

Quando mi è stato chiesto di scrivere un resoconto sul mio recente tour enogastronomico in Veneto, devo ammettere che ho avuto qualche dubbio e perplessità.
Come si fa a tradurre in poche righe una tradizione culinaria unica nel suo genere?

Il Veneto è una regione nata con la camicia.
Non potrei trovare altra definizione per un contesto geografico che parte dalle montagne, attraversa le colline, passando per le pianure fino ad arrivare al mare.
A questo devi aggiungere anche la storia che ha visto il Veneto protagonista di scambi commerciali e culturali con l’Asia, le Americhe, i paesi Europei.

Come puoi ben vedere, caro lettore, la questione si è andata via via complicando.
Ci vorrebbe un manuale di cucina, altro che un semplice articolo, per raccontare la tradizione culinaria veneta.
Stavo quasi per desistere quando mi è venuta in mente la Maria, una dolce signora che ho incontrato in quel di Lamon, in provincia di Belluno.
Il ricordo delle sue mani operose mi ha suggerito un’idea.
Raccontare della cucina veneta tradizionale vuol dire narrare soprattutto di cibi le cui origini a volte si perdono nella notte dei tempi.

I fagioli di Lamon e la Maria

In vino veritas dicevano i Latini.
Io aggiungerei, se mi è permesso, in Sagra veritas; non esiste occasione più ghiotta e verace di una festa di paese per capire al volo una tradizione culinaria.
Siamo nel 2020 e l’emergenza Coronavirus quest’anno ha portato all’annullamento di quasi tutti gli eventi.
Quando tutto tornerà alla normalità, ti consiglio proprio di partire dalle Sagre per catturare l’essenza schietta e autentica della gastronomia veneta.

Il mio viaggio è partito dalla famosa Sagra del fagiolo a Lamon, splendida località delle montagne bellunesi.

L’aspetto che mi ha sempre incuriosito è la fama che precede questo legume, pare sia il miglior borlotto al mondo.
Dopo averlo assaggiato ho capito che non “pare”, ma semplicemente lo è; il numero 1, il migliore.
In questa occasione ho avuto modo di conoscere la signora Maria, un’anziana, amica di amici, che mi ha preparato la miglior Pasta e Fasoi mai assaggiata nella mia vita.


Mentre le sue mani preparavano la pasta che avrebbe accompagnato la zuppa, mi ha raccontato dei suoi ricordi di gioventù, della sua vita contadina, di quando non c’era niente ma quel niente aveva il sapore della verità e dei fagioli borlotti; un cibo povero, accessibile ma talmente ricco da sostenerli nel duro lavoro nei campi.

Un’altro piatto tipicamente nostrano sono i FAGIOLI IN SALSA VENETA (ricetta qui), pietanza molto nutriente e soprattutto saporitissima, da gustare accompagnata da una fetta di polenta casalinga.

I legumi sono una base essenziale della cucina veneta popolare.
Penso anche al fagiolo di Posina ma soprattutto ai famosi Bisi di Lumignano o quelli di Borso del Grappa.

Quando parli dei sapori veneti, la prima cosa che ti viene in mente è un piatto di risi e bisi (piselli).


Questa minestra così semplice ma tanto gustosa ha origini antichissime. Pare infatti che il Doge, ai tempi della Serenissima, facesse arrivare i bisi pregiati dalle due località in occasione della festa di San Marco per preparare un piatto che sta al Veneto come l’arca a Noè; sono imprescindibili gli uni dagli altri!

Ti do un piccolo consiglio: la semplicità degli ingredienti non deve trarti in inganno. Per prepararlo ad arte, occorre una certa maestria.

Entra in una piccola trattoria, di quelle nascoste nei vicoli, dove puoi trovare anche tu una “signora Maria”, intenta a cucinarlo come si faceva una volta ovvero nel brodo dei baccelli dei piselli.

Accompagna i risi e bisi con un bicchiere di Verdiso dei Colli Trevigiani. Questo bianco è un piccolo capolavoro di recupero del Verdiso, un vitigno autoctono secolare che ha rischiato di scomparire per sempre.

Folpo, baccalà e street food

I Veneti hanno la straordinaria capacità di guardarsi intorno, ovunque, con interesse e curiosità.
A questo aggiungi uno spirito imprenditoriale in continua evoluzione. Somma questi fattori e ottieni… il baccalà!
Ti sembrerà azzardata e fuori dagli schemi questa conclusione però uno dei piatti più rappresentativi della gastronomia veneta, il Bacalà alla vicentina, deve la sua origine proprio alla curiosità e all’attitudine commerciale del capitano veneziano Pietro Querini.
Questi, nel 1462, dopo varie vicissitudini, portò dalle isole Lofoten, in Norvegia, un pesce strano, essiccato, duro come il marmo: lo stoccafisso, che in realtà in Veneto viene chiamato baccalà.
Terminologia a parte, il baccalà è l’esempio di come storia e cibi tradizionali siano legati in modo indissolubile.
Questo pesce infatti ha rappresentato la fonte di energia ideale per le classi meno abbienti, dopo che nel 1563 il Concilio di Trento aveva stabilito il divieto del consumo di carne per duecento giorni l’anno!

Se vuoi assaporare un autentico piatto di “Bacalà alla Vicentina” ti consiglio di visitare la sagra di Sandrigo in provincia di Vicenza, considerata la patria di questa ricetta tanto da ospitare la sede della “Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina“.
Se sei un appassionato della cucina casalinga puoi sempre cimentarti ai fornelli con la ricetta che trovi cliccando qui

Il cibo da strada, il famoso street food, è sempre esistito in Veneto.
A Padova e provincia risponde al nome di Folperia ovvero di quei piccoli chioschetti situati agli angoli delle strade, specializzati nella cottura e vendita del folpo, che, attenzione, non è il comune polpo, ma un mollusco assimilabile al moscardino.
Cotto in un amabile sughetto a base di olio, vino bianco e limone, è tradizionalmente pescato nelle acque sabbiose di Chioggia e Venezia.
Anche in questo caso ti consiglio di scoprirlo durante la Sagra del Folpo che si tiene a Noventa Padovana oppure di fare come me e quindi di comprarlo presso un folparo, ambulante o meno, per assaporare una ricetta profondamente legata al contesto territoriale.
Un oste mi ha consigliato di accompagnarlo con un calice di Serprino DOC, un bianco schietto ottenuto dalla vinificazione di un biotipo particolare della Glera.
Una scelta perfetta per un aperitivo in pieno Veneto-style!

I bigoli con l’arna

Gli animali dell’aia, allevati e cresciuti a suon di pastoni ricchi e nutrienti, erano una delle principali fonti di sostentamento dei contadini (Concilio di Trento permettendo ovviamente!).
I volatili erano l’ingrediente principale di numerosi piatti come l’oca in onto che permetteva di conservare la carne del volatile almeno per mezza stagione, oppure l’anatra nei famosi Bigoli con l’Arna.

Segna sull’agenda un appuntamento per la prima domenica di Ottobre. Questa è stata l’occasione in cui, lo scorso anno, ho avuto modo di assaggiarli preparati dalle sapienti mani di un ristoratore di altri tempi, Giuseppe detto “Bepi”.
Durante i festeggiamenti per la Madonna del Rosario in quel del “contado” tra Thiene e Zané, è usanza preparare questo piatto che ha origini antichissime, pare addirittura risalenti alla battaglia di Lepanto.

Il Bepi me li ha cucinati come si faceva una volta ovvero bolliti nel brodo di cottura dell’anatra.
Li ho accompagnati con un calice di Raboso, un vino rosso ritenuto difficile, quasi scorbutico per la sua acidità.
Un’esperienza da ripetere al più presto!

Il mio viaggio si ferma qui.
Quello che ti ho raccontato è soltanto una piccola parte delle numerose specialità offerte dal Veneto.
Dal fegato alla veneziana, alla sarde in saor, passando per autentici capolavori come la sopa coada o la pearà veronese: la tradizione culinaria veneta ha saputo riunire sotto l’insegna del gusto concetti antitetici e diversi come genuinità, semplicità, innovazione e amore il territorio.

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